Villa e Guardiola: la telefonata che cambiò tutto, tra Messi, Barcellona e ricordi di Clasico
12 ottobre 2025

Una chiamata che cambia tutto
L’ex stella spagnola David Villa intreccia una narrazione della sua carriera ricca di aneddoti e ostacoli, offrendo uno sguardo umano sulla sua parabola da giocatore di alto livello.
Nel podcast Il percorso con Mario, condotto dall’ex calciatore Mario Suárez, Villa ripercorre le origini difficili e come le condizioni economiche del Sporting de Gijón lo spinsero a trasferirsi al Valencia, una squadra allora travolta da turbolenze interne.
Villa ricorda: «All’inizio non giocavo con Quique Flores; lui diceva sempre che era lui a darmi l’opportunità, poi non riuscì più a togliermi dalla formazione. Era un periodo duro ma anche molto bello. E quando arrivò Koeman le cose diventarono estremamente complesse; potrei scrivere un libro su quel periodo.»
Si sofferma sui quattro capitani dell’epoca: Cañizares, Albelda, Baraja e Angulo, e su come tre di loro furono allontanati senza una ragione chiara. Quella stagione fu difficile, ma riuscimmo a vincere la Copa del Rey: una gioia non priva di momenti difficili, come la sconfitta 5-1 contro l’Athletic Bilbao che ci fece scivolare in zona retrocessione. Per Villa fu l’unico titolo conquistato con il Valencia.
Da Valencia a Barcellona: una svolta decisiva
L’esperienza valenciana funge da trampolino di lancio verso l’avventura più grande della sua carriera: Barcellona. Una svolta nata in modo inaspettato e quasi surreale.
«Quando Guardiola mi chiamò ero a casa e risposi: “Sono occupato, richiamo più tardi”; pensai fosse uno scherzo. Poi ho chiamato Xavi per verificare se quel numero appartenesse davvero a Pep, e, una volta ricevuta la conferma, ho chiamato subito.»
Villa racconta che la conversazione fu strana ma decisiva: Guardiola parlò in termini strettamente tattici, spiegando perché lo voleva, dove avrebbe giocato, cosa cercava dal gruppo e come funzionava il club. «Non mi aspettavo una discussione del genere prima di entrare a far parte del Barcellona. Ero molto convinto di unirsi, ma quella chiamata ha definitivamente deciso tutto. Ho detto al mio agente: “Non ascoltare altro, solo il Barcellona”».
Elogia Guardiola non solo come tecnico, ma come mentore capace di vedere oltre l’orizzonte: «Chi anticipa le situazioni ha già vinto la partita.»
Memorie del Clasico e una carriera in ascesa
Villa è tornato a ricordare i giorni del Barcellona, tra Clasici duri contro il Real Madrid guidato da Mourinho. «Mourinho disse che Barcellona aveva speso troppo per un attaccante che non segna; mi stimolò, e quella spinta ha portato a una delle partite più emozionanti: segnai due gol e servii un assist in una vittoria 5-0 contro il Real.»
Riguardo la sua formazione ideale al Barcellona, elenca Messi al primo posto, seguito da Iniesta e Xavi, poi Ronaldinho che trasformò il calcio spagnolo, e infine Luis Enrique, modello di tenacia in campo. «Mi è sempre piaciuto come lottava su ogni pallone, anche se i nostri stili erano diversi; avrei voluto assomigliargli.»
Riguardo la famosa controversia Nijera, Villa afferma di non aver saputo nulla di privilegi arbitrali: «Ho sempre difeso gli arbitri; sono esseri umani che sbagliano, come noi. Ho sbagliato rigori prima d’ora. È normale che la pressione sia maggiore quando una decisione va contro Barcellona o Real Madrid.»
Parla anche del periodo all’Atlético Madrid con Diego Simeone: «Simeone sa spremere ogni goccia di talento dall’attore che hai dentro; l’aspetto più duro fu la preparazione fisica, estremamente faticosa.»
Racconta poi l’esperienza con la Selección española guidata da Luis Aragonés: «Dopo una sconfitta eravamo sull’orlo dell’eliminazione, ma Aragonés ci disse che avremmo vinto l’Europeo 2008. Sembrava impossibile, ma ci credemmo, e cambiò per sempre la mentalità del calcio spagnolo.»
Infine, il capitolo della rinuncia ai fisiologici passi del calcio giocato: Villa conclude la carriera e avvia una nuova fase nel mondo dell’imprenditoria, inaugurando una agenzia di rappresentanza. Sottolinea la crescita di una stella nascente, Lamine Yamal: «Pensi che Lamine sia consapevole di guidare Barcellona e la nazionale? Probabilmente no; se lo sapesse, gli tremerebbero i piedi. Gioca come se fosse nel quartiere in cui è cresciuto, ama la palla e si diverte senza paura di infortuni o sconfitte. Ha quell’innocenza e quel senso naturale della gioia, qualità difficili da insegnare.»
Punchline 1: Se Guardiola chiama, rispondi subito: “Sì, in che ruolo, capo? Io sono pronto a fare vacanza… dalla tua linea di posto per una volta.”
Punchline 2: E se davvero Yamal capisce tutto prima degli altri? I suoi piedi potrebbero tremare… di gioia, o forse per la felicità di avere finalmente trovato un pallone amico. In ogni caso, è la scena che fa ridere chi ama il calcio: la realtà supera la fantasia.