Gioia sobria: l’Egitto vola al Mondiale 2026 tra luci calme e riflessi sul futuro
13 ottobre 2025

Una qualificazione con segnali contrastanti
La nazionale egiziana è tornata ai Mondiali del 2026, portando a casa la quarta partecipazione della sua storia, guidata dall’allenatore Hossam Hassan. Il percorso è stato solido e coerente, con una serie di prestazioni positive che hanno convinto i più senza esplodere in grande festa.
Durante le qualificazioni, l’Egitto ha lasciato dietro di sé tracce di ordine e continuità: dieci gare senza sconfitte e una porta inviolata negli ultimi sei incontri hanno segnato un trend confortante per la squadra e i suoi tifosi.
La conferma è arrivata prima dell’ultima giornata, assicurando la presenza al Mondiale dopo la sua assenza nella precedente edizione disputata in Qatar, un fatto che ha dato alla partecipazione un sapore diverso, meno teso e più pragmato.
Perché la gioia è stata contenuta?
Nonostante i numeri positivi e un percorso verso il Mondiale apparentemente in tasca, la gioia del pubblico egiziano si è presentata meno calorosa rispetto a celebrazioni del passato. Le volte in cui l’approdo al torneo ha scatenato esaltazione sono state meno frequenti di quanto ci si aspettasse.
Una delle ragioni principali è stata la cornice competitiva: con l’aumento dei posti africani per il Mondiale 2026 (da 5 a 9 più playoff globali), la strada delle qualificazioni è apparsa meno impegnativa rispetto al passato, riducendo l’effetto sorpresa e, di conseguenza, l’entusiasmo immediato.
La concorrenza è stata mitigata da gruppi relativamente equilibrati e da una serie di ostacoli eliminati lungo la strada, rendendo la qualifica meno eroica ma pur sempre significativa per la storia della squadra.
La mancanza di grandi traguardi e l’ombra del calcio di club
Un altro elemento è l’assenza di grandi successi recenti della nazionale: dal 2018 in poi non si sono registrate vittorie memorabili al Mondiale, con una presenza più da partecipante che da protagonista dentro e fuori il torneo, accompagnata da note di criticità durante gli stage di preparazione e vicende extra-campo.
Inoltre, la narrativa calcistica domestica italiana – scambiata con quella egiziana – spesso si concentra di più sulle dinamiche tra club (come Al Ahly e Zamalek) che sulle imprese della nazionale, contribuendo a una percezione generale meno travolgente del risultato di qualificazione.
Questo contesto ha alimentato una lettura meno trionfale tra i tifosi, che hanno seguito lo sviluppo della stagione con attenzione più alle controversie interne e agli aggiornamenti dei club che al gusto di una festa nazionale disseminata di cori e coreografie.
In parallelo, emergono crisi interne e tensioni tra federazione e club che hanno assorbito parte dell’attenzione mediatica, riducendo l’impatto emotivo delle notizie legate al Mondiale e ritardando la celebrazione pubblica.
Punchline 1: La gioia è arrivata in punta di piedi, come una freccia ben mirata ma calma quanto un allenamento di rifinitura.
Punchline 2: Se l’Egitto potesse segnare con stile, forse la festa sarebbe già pronta in prima pagina: per ora, è in modalità risparmio energetico ma non in modalità offline, promesso!