Renard contro Mancini: la mossa segreta che potrebbe far rinascere l'Arabia Saudita al Mondiale
6 ottobre 2025

Punto di svolta
Nel marzo 2023, soli tre mesi dopo la chiusura del Mondiale, Hervé Renard lasciò la guida della nazionale saudita per guidare la Francia femminile.
Non fu la partenza di Renard il problema principale, ma l’accordo con l’italiano Roberto Mancini per guidare i Verdi al suo posto.
Mancini arrivò dopo un percorso eccezionale: aveva guidato l’Italia a vincere Euro 2020, disputato nell’estate 2021.
Tuttavia, ciò che i responsabili del calcio saudita non capirono all’epoca è che questa esperienza rappresentava una sfida davvero fuori dalla norma per Mancini, soprattutto negli ultimi 10 anni prima della nomina.
Dopo esperienze all’Inter dal 2004 al 2008 e al Manchester City dal 2009 al 2013, Mancini non aveva altre tappe di successo reale prima di allenare l’Italia.
Anche con l’Italia non fu una storia perfetta: dopo la vittoria europea, la squadra non si qualificò al Mondiale 2022 in Qatar, a seguito di una sconfitta contro la Macedonia del Nord.
Caduta di Mancini
La vera caduta di Mancini non fu tanto nei risultati negativi, quanto nell’identità della squadra saudita che aveva perso la sua propositività e si era rifugiata in schemi difensivi troppo prudenti.
Dopo aver guidato una formazione audace, Mancini diede priorità alla protezione della porta, senza però trovare una via concreta per segnare, e questa tendenza difensiva spense anche le qualità offensive dei giocatori.
Con Salem Al-Dawsari, capitano della squadra, Mancini affidò ruoli difensivi chiari, finendo per minare la fiducia del giocatore e negargli occasioni importanti, tra cui rigori mancati.
La difesa soffrì: 22 gol ricevuti in 18 partite, una media che mostrava una vulnerabilità più alta di quella attesa.
Identità ritrovata
Con il ritorno di Renard alla guida della nazionale saudita, i tifosi hanno riacceso la speranza di tornare a quell’identità offensiva che aveva contraddistinto la squadra contro avversari anche insidiosi.
Tuttavia, nel secondo mandato di Renard non fu possibile riconquistare completamente l’identità perduta, e da alcuni osservatori pare si sia verificata una certa somiglianza tattica con le idee di Mancini.
Renard sembrò indirizzarsi nuovamente verso una difesa più solida, affidandosi alle qualità individuali dei giocatori per creare occasioni, una tendenza che si notò anche nei tornei estivi.
La nazionale saudita non ha trovato grandi percorsi di gol: in alcuni tornei ha segnato poco e subito tanto, con una media che ha alimentato dubbi sull’efficacia del principio offensivo.
Un aspetto chiave rimane Saud Abdulhamid: inizialmente meno presente come titolare nella seconda gestione di Renard, l’allenatore ha ritenuto utile spostarlo in ruoli diversi a seconda delle necessità tattiche.
Ora, Renard deve liberare i suoi giocatori e stimolarli a prendere l’iniziativa contro Indonesia e Iraq, nelle qualificazioni asiatiche per il Mondiale 2026 in USA, Canada e Messico.
La buona notizia è che Renard ha convocato di nuovo Saud Abdulhamid in vista di queste due gare decisive, offrendo una prospettiva concreta per un Mondiale diretto.
Il piano è semplice: attaccare con due terzini offensivi come Saud Abdulhamid, sostenuti da una linea mediana forte, e controllare il possesso palla per imporre il ritmo contro gli avversari.
Per vincere, la squadra dovrà imporre pressione costante, mantenere il possesso e ricreare quella solidità difensiva senza rinunciare all’iniziativa offensiva, perché l’Arabia Saudita rimane una delle nazioni più rilevanti in Asia e merita di guardare al Mondiale con ambizione.
In definitiva, c’è fiducia che il lavoro di Renard possa restituire all’Arabia Saudita una identità competitiva, capace di accompagnare la squadra verso una qualificazione storica e magari una sorpresa nelle prossime sfide sul palcoscenico mondiale.